COSA MANGIARE NELLE FASI INIZIALI DI MALATTIA: VALUTAZIONE NUTRIZIONALE E NUOVI AMBITI DI RICERCA
Al momento della diagnosi è raccomandata una
valutazione dello stato nutrizionale che deve essere eseguita da uno specialista (dietista, nutrizionista, medico) e che vada ad esaminare:●
l’apporto nutrizionale●
il peso, l’altezza e l’indice di massa corporea (IMC/BMI) (se si riesce a stare in piedi senza aiuto può essere utilizzata una bilancia tradizionale, in caso contrario si può ricorrere al sollevatore, ad una bilancia per sedia a rotelle o sedie e letti a bilancia)●
la perdita di peso●
la perdita di massa muscolare, di massa grassa e lo stato d'idratazione (valutabili con l'analizzatore di impedenza BIA;
per sapere cos'è la BIA potete trovare informazioni a questo link)●
la presenza di malnutrizione (indicata dalla perdita di peso pari al 5-10% in 6 mesi o dagli indici nutrizionali utilizzati per identificare il rischio o la presenza di uno stato di malnutrizione)●
l’analisi degli esami ematochimici (
albumina e
prealbumina per analizzare lo stato nutrizionale a lungo e breve termine, rispettivamente,
creatinina nella SLA inferiore ai valori normali,
colesterolo totale,
LDL e
HDL,
conta linfocitaria,
linfociti periferici e
vitamina B 1).
Questi
parametri devono essere
monitorati durante tutto il decorso della malattia (indicativamente ogni 3-6 mesi o più spesso in caso di alterazioni cliniche e nutrizionali) poiché un loro peggioramento può aggravare la debolezza muscolare, la funzione respiratoria e l’atrofia muscolare con impatto negativo sulla sopravvivenza.
Tra questi la perdita di peso è un
fattore prognostico sfavorevole perciò lo scopo della terapia nutrizionale sarà quello di:● stabilizzare il peso nei pazienti con un indice di massa corporea (BMI) tra 25 e 35 (indicativo di sovrappeso e obesità)● aumentare di peso se il BMI è inferiore a 25● perdere peso in caso di BMI superiore a 35 per favorire la mobilizzazione● prevenire o trattare la malnutrizione
Per avere informazioni su come richiedere una consulenza e una valutazione nutrizionale in ambulatorio o a domicilio mi potete contattare attraverso il form CONTATTI
Una volta effettuata la valutazione, lo specialista determina poi il
fabbisogno energetico necessario a mantenere un buon stato nutrizionale o a trattare un eventuale stato di malnutrizione e attua il monitoraggio dei parametri nutrizionali durante tutto il decorso.
Il calcolo del dispendio energetico è un punto fondamentale viste le manifestazioni metaboliche e le conseguenze che può avere uno scarso apporto di energia e nutrienti.
I metodi utilizzati sono:● calcolo indicato dalle linee guida (circa
30 Kcal/kg di peso oppure
25-30 Kcal/kg in caso di ventilazione non invasiva) considerando il livello di attività fisica, di mobilità, la variazione del peso e la composizione corporea con un
apporto proteico di 0,8-1,2 g/kg/die●
formule predittive (Harris-Benedict, Mifflin St. Jeor) di solito utilizzate per la popolazione generale e non specifiche per il paziente affetto da SLA che presenta
ipermetabolismo (circa il 10% in più rispetto al metabolismo basale)● formule sperimentali elaborate in ambito di ricerca come la seguente:
(REE = 901,34 – 5,82 x età) + (15,65 x FFM kg) + (8,88 x FM kg) (+ 145,21 per gli uomini)
(REE = dispendio energetico; FFM = fat free mass o massa magra; FM = fat mass o massa grassa;
accuratezza del 65%).
Va tenuto comunque in considerazione che
il dispendio energetico si riduce con la progressione della malattia.
Di recente uno studio coordinato dal
Centro Clinico NeMo di Milano ha evidenziato come il
metabolismo energetico basale (la quantità di energia necessaria all’organismo per svolgere le funzioni di base) in relazione all’alimentazione del paziente,
può dare informazioni sul decorso e la prognosi della malattia.
In questa ricerca si è visto che la malnutrizione e la perdita di peso causano un’alterazione del dispendio energetico e un’accelerazione della degenerazione dei motoneuroni e che
la progressione della malattia è più rapida nei pazienti con un metabolismo più alto (ipermetabolici) rispetto ai pazienti che presentano un metabolismo più basso (ipometabolici).
Per misurare il metabolismo basale dei pazienti SLA in modo più accurato rispetto alle formule descritte in precedenza viene raccomandato l’utilizzo della
calorimetria indiretta.
Il prossimo passo della ricerca sarà quello di capire come intervenire per portare il paziente ad una condizione di ipometabolismo per poter rallentare la progressione della malattia.
Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato un
effetto protettivo dato da alcuni nutrienti come:● gli
acidi grassi polinsaturi (PUFA) grazie alla loro capacità di modulare la risposta infiammatoria e che sono presenti in
salmone,
sgombro,
trota,
tonno,
pesce azzurro,
semi di lino,
vegetali a foglia verde,
noci,
mandorle,
nocciole (omega 3),
oli vegetali,
arachidi (omega 6)●
sostanze antiossidanti presenti in
frutta e
verdura con effetto migliorativo sulla funzionalità muscolare e sulla riduzione del rischio●
folati e
vitamina B 12 per la riduzione dell'omocisteina, con effetti positivi anche sul decorso. I folati sono presenti nelle
verdure a foglia verde (
spinaci,
bieta,
lattuga), nei
legumi, nella
frutta (
kiwi,
fragole,
arance),
mandorle,
noci,
formaggi e
uova, la vitamina B 12 si trova soprattutto negli
alimenti di origine animale●
vitamina B 1,
vitamina E e
colesterolo HDL
In base al ruolo che lo stress ossidativo, i radicali liberi e la disfunzione mitocondriale hanno nella SLA e ai livelli di queste sostanze nel sistema nervoso centrale, alcuni studi hanno studiato
l’effetto di sostanze antiossidanti, antinfiammatorie o nutrienti per il muscolo, come curcumina, creatina, coenzima Q10, vitamina C, vitamina A, carotenoidi, polifenoli, flavonoidi, vitamine del gruppo B sulla prevenzione e sul decorso della malattia. I dati raccolti non sono completi per cui
non c’è un’indicazione chiara sull’utilizzo di questi supplementi per migliorare la prognosi della SLA.
Un altro ambito di ricerca è quello relativo all'effetto della
dieta chetogenica sul miglioramento del metabolismo energetico cerebrale e mitocondriale, sulla riduzione della tossicità neuronale dovuta a concentrazioni elevate di acido glutammico, sulla riduzione della neuroinfiammazione e sul miglioramento dello stress ossidativo.
Si è visto che nei
modelli animali questo tipo di dieta può migliorare il metabolismo energetico cerebrale, ridurre i livelli di glutammato nel cervello e i markers neuroinfiammatori, aumentare la produzione di antiossidanti e migliorare la performance motoria.
Gli studi condotti sui
pazienti che hanno seguito la dieta chetogenica (solo in ambito di ricerca clinica) hanno riscontrato
effetti avversi come nausea, diarrea, dolore allo stomaco, disidratazione, sintomi influenzali, alito cattivo, pancreatite, disturbi elettrolitici, ridotta densità ossea, calcoli renali, rabdomiolisi e calo di peso (fattore prognostico negativo).
Vista la scarsità di dati
non viene indicato l’utilizzo della dieta chetogenica per i pazienti affetti da SLA. Sono necessari ulteriori studi per stabilirne la sicurezza e l'efficacia.
Oltre all’effetto di specifici nutrienti e diete, si sta studiando anche l’
effetto del microbiota intestinale e dei probiotici sul decorso della SLA.
Il microbiota è l’insieme dei microrganismi (batteri, virus, funghi e protozoi) che vivono nel tratto gastrointestinale, soprattutto nell’intestino. Alla base delle ricerche c’è il cosiddetto "
asse intestino-cervello", un sistema di comunicazione tra sistema nervoso centrale, sistema neuroendocrino, sistema neuroimmunitario, sistema nervoso autonomico, sistema nervoso enterico e microbiota intestinale in cui, attraverso lo scambio di segnali specifici, vengono influenzate le attività motorie, sensoriali e secretorie del sistema gastrointestinale e le attività del sistema nervoso.
Gli studi su
modelli animali (topi con mutazione SOD1G93A) hanno dimostrato che è presente una maggiore permeabilità intestinale (“leaky gut”) con passaggio di tossine batteriche nel sangue e da qui a tessuti e organi (tra cui il sistema nervoso centrale) con produzione di sostanze infiammatorie e un alterato microbiota (soprattutto a carico dei
Firmicutes e dei
Bacteroides) che può influire sul decorso della patologia, mentre si è visto un miglioramento della sintomatologia in caso di supplementazione con
Akkermansia muciniphila, una minore perdita di motoneuroni e dell'atrofia muscolare con i galattoligosaccaridi e una riduzione della neuroinfiammazione e della permeabilità e della disbiosi intestinale con il butirrato.
Negli
esseri umani gli studi non sono omogenei per cui i risultati sono variabili, ma i dati emersi indicano che la flora intestinale può essere modulata con una supplementazione con batteri lattici e che si possono ridurre i markers infiammatori con la curcumina.
Le ricerche in quest’ambito sono ancora in corso per scoprire come un intervento di tipo nutrizionale può influenzare il microbiota e il suo ruolo nella progressione della SLA, per cui
non c’è ancora un’indicazione sull’uso di probiotici, prebiotici e postbiotici per modificare il decorso della malattia.